Tamara de Lempicka, donna che piace alle donne

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Tamara de Lempicka, donna che piace alle donne

tamara-de-lempickaPalazzo Chiablese, Torino

Fino al 30 agosto 2015

“Un essere tormentato, senza patria, senza casa”: così si definiva Tamara de Lempicka in una lettera scritta nel 1936, nel pieno della sua attività artistica. Colta, raffinata, disinibita, libera, viaggiatrice, alla moda, progressista, eccentrica, elegante e trasgressiva, simbolo di un’epoca e
protagonista indiscussa dell’Art Déco, Tamara de Lempicka si ritagliò nei folli ruggenti anni Venti la fama di diva sensuale e fuori dagli schemi, tanto nella vita quanto nell’arte. “Vivo la vita ai margini della società – amava dire – e le regole della società normale non si applicano a coloro che vivono ai margini”. Una donna che piace alle donne, tanto che il 77% dei visitatori è donna: piace per i soggetti, per quel modo di unire ai colori del Fauvismo le sfaccettature del Cubismo e del Futurismo. Ma soprattutto per la sua storia. Una donna libera ai tempi in cui le donne, soprattutto se ebree polacche, non potevano esserlo. Un simbolo di eleganza, trasgressione e mistero, a partire dall’incertezza sulla data e sul luogo di nascita orchestrata a dovere dall’artista stessa, che definisce il suo personaggio di una dandy che ha viaggiato per tutto il mondo, vivendo in Europa, negli Stati Uniti, dichiarando la sua bisessualità, sposando due nobili e rifiutando le avances di D’Annunzio, frequentando i salotti buoni e spendendo la vita in feste grandiose fino a
dilapidare le sue fortune. Scrive sempre Tamara: “Sono stata la prima donna che ha dipinto in modo pulito, e quella è stata la base del mio successo. Tra un centinaio di dipinti, i miei erano sempre quelli che risaltavano. Così le gallerie cominciarono ad appendere i miei lavori nelle loro stanze migliori, sempre nelle posizioni centrali, perché la mia pittura era attraente. Era precisa. Era ‘finita’.” Ma il comune denominatore dei lavori di Tamara non è solo una pittura chiara e attraente, fatta di volti definiti da ombre nette, cromie ridotte e spazi angusti. Quegli sguardi distratti e seducenti nascondono una malinconia che tradisce un disagio psicologico: dietro l’artificio di immagini raffinate, fredde, eleganti e teatrali, si nasconde il preludio della guerra e tutto il disagio del mondo moderno.

Philippe Parisot (mostra visitata)

 

Info: Tamara de Lempicka

 

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