Renato Guttuso – Fuga in Egitto, anno 1983

Renato Guttuso – Fuga in Egitto, anno 1983

Non era cambiato e  non rinunciò mai al suo passato culturale, sociale e di intellettuale politico. Renato Guttuso, già settantenne, pensò a una Sacra Famiglia staccata e diversa da qualsiasi retorica; vera, concreta, incarnata nell’oggi. La fuga di Giuseppe e Maria, col Bambinello al collo, a ricordare le fughe di tutte le famiglie di fronte all’odio e alle violenze di tutti gli Erode di tutti i tempi. Ma, insieme, una famiglia realmente ebrea e palestinese ad un tempo, come quella evangelica, come quella che lo stesso pittore siciliano, e tutti con lui, potevano vedere in quegli anni. Questo infatti era il narrato di quei tempi che ci propinavano i media, radio e televisione comprese. Una immersione quotidiana nel Medio Oriente, anche fotograficamente e geograficamente poco definito.
Il bimbo dorme e Maria se lo stringe al collo, lo culla e lo protegge quasi a dondolarlo; ricorda vagamente la Madonna di Caravaggio  con una scenografia simile. Giuseppe è anche lui sull’asino (tranquillo e paziente!), in postura paritaria con la  Vergine, mentre cerca di conservare e custodire  oggetti domestici. Anche la capra, oltre ad essere amichevolmente lenta e distratta, potrà essere utile con il suo latte per sostenerli nel viaggio.
Invece della stella cometa una colomba, candido simbolo della pace, guida  questa famiglia di profughi. Il paesaggio spoglio di vegetazione e assolato  con qualche irruzione di palme, ricorda la Palestina ma forse anche la calura siciliana, con i suoi colori roventi e smaglianti.  La meta è vicina o c’è ancora tanto da peregrinare? «Il racconto evangelico – ricordava Guttuso – si ripete ai nostri giorni». Era il 1983 quando dipinse l’affresco, sul muro esterno della terza cappella del Sacro Monte di Varese, donando l’opera alla sua patria d’adozione, un lembo di territorio lombardo sulle pendici del monte di Varese in cui l’artista  ebbe il suo studio negli ultimi vent’anni di vita.