Pietro Zampetti: l’arte delle Marche

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Pietro Zampetti: l’arte delle Marche

zampetti2Tra storia e ricerca: Bonita Cleri e Marina Massa

La mostra di Osimo, Da Rubens a Maratta. Meraviglie del Barocco nelle Marche, è un’occasione importante per far riemergere dall’ombra opere dimenticate o inedite che testimoniano la vitalità della realtà pittorica di questo territorio. Ma si rivela anche un’occasione per ricordarci che l’arte delle Marche senza gli studi e le ricerche e soprattutto senza la figura di Pietro Zampetti sarebbe rimasta dimenticata o inedita.
Le riflessioni, le opere, i saggi di Zampetti rappresentano infatti il prendere coscienza e consapevolezza della ricchezza della storia dell’arte della nostra regione.

 

 

Bonita Cleri:

«Son qua!»: questa la frase del professor Zampetti quando entrava nel mitico (grazie a lui) Istituto di Storia dell’arte dell’Ateneo urbinate di Via del balestriere che lui stesso, con l’ausilio del rettore Carlo Bo, aveva fondato nei primi anni settanta.
Allora abitava a Venezia e faceva la spola con le Marche percorrendo una frequentatissima strada Romea, di seguito si trasferiva nella città natale, Ancona, proiettandosi in altri impegni istituzionali.
Ebbene quel «Son qua!» cambiava l’atmosfera un poco sonnolenta e silente dell’Istituto: andava nella sua stanza che subito, con il pavimento in cotto decorato e gli stucchi sul soffitto settecenteschi, gli metteva allegria; si posizionava sulla scrivania disseminata di fotografie, enorme, che permetteva ai suoi collaboratori di sedersi di fronte.
Era un buon parlatore: misurato, comprensibile e non astruso così come lo era nella scrittura; ragionava sui vari argomenti che stava studiando; ancora fortemente legato alla cultura veneta, faceva di quella marchigiana il suo riferimento.
In quegli anni, prima di dedicarsi ai fondamentali volumi sulla Pittura marchigiana, indagava situazioni veramente poco note ad iniziare dalla congiuntura pittorica tra Camerino e Padova dedicando tanto spazio al longhiano “Rinascimento umbratile”; seguiva poi Simone de Magistris, da lui veramente riscoperto ed al quale ha restituito la straordinaria dignità di pittore controriformistico.
Su tutti il prediletto Lorenzo Lotto che seppe leggere con una sensibilità professionale ed umana mai più riscontrate.
Ebbene condivideva le sue considerazioni ed i suoi pensieri con i giovani che allora si affacciavano alla ricerca lasciando loro un bell’insegnamento, trasmettendo l’amore per lo studio che non era solo l’inizio di un’attività, ma grazie al suo esempio la consapevolezza di un previlegio che nella vita non sempre si ha: quello di portare alla luce le creatività passate e condividerle con altri giovani studiosi.

 

 

Marina Massa:

I dati biografici di questo anconetano che ha avuto un posto speciale nel mondo dell’arte internazionale raccontano una storia umana e professionale di grande respiro. Una vita dedicata all’arte, scandita da innumerevoli iniziative ed eventi espositivi che ha saputo promuovere ed organizzare con passione e competenza, ma anche una lunga attività di studio e di ricerca che ha restituito all’arte marchigiana un posto di rilevo nella storia artistica. Quello che invece non possono descrivere è la ricchezza e la versatilità della sua personalità, è il valore dello studioso, capace di indagare con pazienza e tenacia nella profondità dei dipinti per arrivare a sciogliere l’enigma di un’attribuzione, è l’arguta intelligenza di un uomo che ha saputo dialogare, con eguale semplicità e rigore, con i giovani studenti e con i più accreditati studiosi, con gli amici e i più alti esponenti della politica internazionale. Chi lo ha conosciuto ne ha apprezzato le doti umane, il suo trascinante entusiasmo per l’arte e la cultura e quella inesauribile capacità di divulgare, con semplicità e competenza, un sapere non accademico ma radicato nella storia del nostro territorio. Un ‘maestro per sempre’ lo ha definito Carlo Bo e la sua lezione resta ancora oggi, a distanza di cento anni dalla nascita, ancora viva e vitale.

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