Mario Giacomelli. La figura nera aspetta il bianco

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Mario Giacomelli. La figura nera aspetta il bianco

giacomelliMuseo di Roma Palazzo Braschi, Roma

Fino al 29 maggio 2016

 

Una retrospettiva a celebrazione del fotografo Mario Giacomelli che ha piegato la tecnica al perseguimento dell’idea da raggiungere e che considerava la macchina fotografica come parte del suo corpo.

Il percorso espositivo è inoltre inframmezzato da un video-documento “Mi Ricordo Mario Giacomelli” di Lorenzo Cicconi Massi, con testimonianze tra gli altri del fotografo Gianni Berengo Gardin, del pittore Tullio Pericoli, del critico Achille Bonito Oliva, dello storico dell’arte Carlo Arturo Quintavalle.

Partendo dalle sue radici e muovendosi, geograficamente parlando, in poche centinaia di chilometri percorsi più e più volte, Mario Giacomelli ci consegna una fotografia dell’animo, il suo, dove la poesia ha un posto fondamentale e la pittura le fa da contorno.

Nato a Senigallia, era poco più che bambino quando perde il padre. Comincia a dipingere e scrivere poesie e le abbandona solo quando scopre la macchina fotografica che diventa il suo modo di raccontare il mondo creativamente. Nel percorso che si snoda a Palazzo Braschi a Roma, dalle fotografie degli esordi si passa alle serie più conosciute come “La buona terra”, “Un uomo, una donna, un amore”, “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” (serie presentata alla Biennale di Venezia del 1964), “Io non ho mani che mi carezzino il volto” e “Scanno”. Queste ultime gli aprono le porte del MoMa di New York.Nei lavori esposti in mostra viene sottolineato il concetto di fotoracconto e a queste fotografie sono accostati gli scatti che Giacomelli ha realizzato lasciandosi cogliere dai fremiti di una poesia come “A Silvia” e “L’infinito” di Giacomo Leopardi o “Io sono nessuno! Tu chi sei?” di Emily Dickinson.

Le fotografie di Giacomelli immortalano figure che si muovono e si spostano in un contesto astratto e deformato, dove ogni soggetto è messo in relazione ad altri e al contesto in cui vive in modo deformato. Giacomelli insegue un metodo creativo che ricrea in continuazione per rimodellare significati e significanze nelle loro sempre differenti interrelazioni. La fotografia è vissuta da Mario Giacomelli come “scenario magico”.

 

Con la presenza dei paesaggi senza persone (fotografati e ripresi più volte negli anni, tanto quanto nelle serie “Così come la morte”, “Ritorno”, “Territorio del Linguaggio”, “il volo lento delle farfalle”), l’antologica su Mario Giacomelli vuole mettere in mostra l’opera incessante da grande inventore di immagini che contraddistingue il lavoro del fotografo e che ritroviamo, come intuito richiamo o riflesso, nelle immagini di molti dei grandi fotografi italiani contemporanei.

 

Info: Museo di Roma

 

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