“L’indecente differenza ovvero la libertà femminile” Patrizia Caporossi

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“L’indecente differenza ovvero la libertà femminile” Patrizia Caporossi

caporossi2Filosofa e Storica delle Donne – info: Treccani-Patrizia Caporossi

 

L’espressione indecente differenza riprende il titolo di un testo ormai storico di Alessandra Bocchetti, protagonista anche dell’ultima attuale stagione politica di Se Non Ora Quando, che inaugurava, nel 1982, il programma delle attività del Centro Culturale Virginia Woolf Università delle Donne di Roma. Si è oggi, come allora e forse anche di più, in un periodo in cui sembra avere alle spalle e, forse, anche ormai lontani, gli anni della grande visibilità del Movimento delle Donne, tanto che tutto sembra da una parte conquistato e dall’altro, invece, svuotato e carente di efficacia sia nella vita privata sia in quella pubblica. E’, proprio, in queste circostanze che la riflessione sulla portata della differenza sessuale può, non solo dar conto della storia delle donne, ma offrire chiavi di lettura per una coscienza di genere e per il riconoscimento della persona umana partendo dalle proprie specificità, di cui quella sessuale è primariamente fondativa…………….. L’umanità di ogni donna e di ogni uomo si costruisce infatti mettendosi in relazione con l’orizzonte di ciò che accade – dalla globalizzazione allo sviluppo dell’economia indiana e cinese alla politica russa nel Caucaso ai recenti sviluppi della ricerca scientifica. (…). Ciò non toglie nulla tuttavia al vero senso morale e politico della differenza, che vuol dire assunzione di responsabilità (e quindi adozione di un linguaggio e di una forma di vita) verso il proprio essere nel mondo a partire dall’essere nata donna. E ciò significa assumere l’universalità della condizione umana a partire da una posizione non allineata sull’asse del presente dei capi di Stato, dei grandi finanzieri, dei teorici della morale e della letteratura. L’asimmetria o eccentricità rispetto al presente, in cui s’incarna la differenza femminile, non è uno stare fuori in un rapporto di estraneità (il mondo migliore separato), né uno stare indietro, rifiutando di fare i conti con il nuovo. È invece aprire uno spazio di valori diversi da quelli dominanti, leggendo e facendo la civiltà umana – nel suo attuale passaggio d’epoca – con un altro criterio: quello del fare la differenza”. La libertà femminile ne è l’espressione.

 

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L’espressione indecente differenza riprende il titolo di un testo ormai storico di Alessandra Bocchetti, protagonista anche dell’ultima attuale stagione politica di Se Non Ora Quando, che inaugurava, nel 1982, il programma delle attività del Centro Culturale Virginia Woolf Università delle Donne di Roma. Si è oggi, come allora e forse anche di più, in un periodo in cui sembra avere alle spalle e, forse, anche ormai lontani, gli anni della grande visibilità del Movimento delle Donne, tanto che tutto sembra da una parte conquistato e dall’altro, invece, svuotato e carente di efficacia sia nella vita privata sia in quella pubblica. E’, proprio, in queste circostanze che la riflessione sulla portata della differenza sessuale può, non solo dar conto della storia delle donne, ma offrire chiavi di lettura per una coscienza di genere e per il riconoscimento della persona umana partendo dalle proprie specificità, di cui quella sessuale è primariamente fondativa. In questo senso, Patrizia Caporossi nel suo libro, Il corpo di Diotima. La passione e la libertà femminile, (Quodlibet, 2008, 2011) sottolinea che “la differenza parla di un senso autonomo del proprio esserci (dei corpi, delle esperienze femminili) che entra in rotta di collisione con il significato che agli stessi ha dato l’ordine simbolico patriarcale. Come tale è stata una rivoluzione del modo di pensare, non certo solo per quanto riguarda la tradizione filosofica e la conoscenza, bensì nel senso dei processi di donazione di significato a sé, agli altri e alle cose. Si è trattato di una rivoluzione che ha seguito vie del tutto divergenti da quelle delle rivoluzioni e rivolte politiche e sociali dell’800 e del ‘900, anche se a volte ne ha condiviso il clima culturale e ideologico. La sua parola d’ordine è stata la libertà, la libertà di essere se stesse”, così la filosofa Laura Boella nella prefazione e prosegue: “una libertà radicata appunto nella passione dell’essere nata donna (…). Il suo modo di diffondersi e di operare non è stato tanto quello delle lotte per la parità e l’emancipazione (…) quanto piuttosto quello dell’esperienza vissuta, della vita quotidiana silenziosa e opaca, dell’entusiasmo e del furore della scrittura, degli amori spirituali e terrestri. La rivoluzione, che è stata il frutto della passione filosofica e della libertà femminile, di cui parla il sottotitolo del libro di Patrizia Caporossi e che ha ampiamente mutato la vita reale delle donne e degli uomini, (…) ma i segni della sua incompiutezza ci rimandano oggi a una scena sociale, economica e culturale in cui l’eccellenza e la libertà femminile spesso appaiono moneta falsa o perlomeno spesa male o sprecata, in un tentativo a volte doloroso di scrollarsi di dosso o di dimenticare la passione della differenza. (…). Dare valore e significato all’essere nate donne implica una forte tensione con l’immediatezza dell’esperienza, con ciò che è estraneo al linguaggio o si rifiuta di essere ricompreso in un codice linguistico stabilito, eppure si dice e si rappresenta attraverso il corpo e il desiderio.(…). La forza di questo pensiero, documentata da alcune espressioni significative del pensiero femminile (Irigaray, Muraro, Zambrano), rappresenta oggi uno dei punti più aperti della questione della differenza. Da esso dipende l’esito di spostamenti già in atto, come quello che ha segnato l’abbandono del “mondo a parte” delle donne e la messa in comune di parole e pratiche con gli uomini sulla scena plurale del mondo. (…) L’alterità che la donna vive sulla propria pelle deve essere messa in tensione con un altro tipo di alterità, quella che è fuori della nostra portata e che appartiene al mondo, al divenire storico e naturale. L’umanità di ogni donna e di ogni uomo si costruisce infatti mettendosi in relazione con l’orizzonte di ciò che accade – dalla globalizzazione allo sviluppo dell’economia indiana e cinese alla politica russa nel Caucaso ai recenti sviluppi della ricerca scientifica. (…). Ciò non toglie nulla tuttavia al vero senso morale e politico della differenza, che vuol dire assunzione di responsabilità (e quindi adozione di un linguaggio e di una forma di vita) verso il proprio essere nel mondo a partire dall’essere nata donna. E ciò significa assumere l’universalità della condizione umana a partire da una posizione non allineata sull’asse del presente dei capi di Stato, dei grandi finanzieri, dei teorici della morale e della letteratura. L’asimmetria o eccentricità rispetto al presente, in cui s’incarna la differenza femminile, non è uno stare fuori in un rapporto di estraneità (il mondo migliore separato), né uno stare indietro, rifiutando di fare i conti con il nuovo. È invece aprire uno spazio di valori diversi da quelli dominanti, leggendo e facendo la civiltà umana – nel suo attuale passaggio d’epoca – con un altro criterio: quello del fare la differenza”. La libertà femminile ne è l’espressione.