La bella principessa, ovvero il Ritratto di Bianca Sforza, di Leonardo torna in Italia, a Urbino, dopo 500 anni

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La bella principessa, ovvero il Ritratto di Bianca Sforza, di Leonardo torna in Italia, a Urbino, dopo 500 anni

leonardo-biancasforzaPalazzo Ducale, Urbino (Salone del trono)

Dal 5 dicembre 2014 al al 16 marzo 2015

 

Il ritratto su pergamena di Bianca Sforza, meglio conosciuto come La bella principessa, di Leonardo da Vinci torna in Italia, più precisamente ad Urbino, per essere esposto a Palazzo Ducale. La Bella Principessa è una giovanetta vista di profilo e con i capelli raccolti nell’acconciatura del coazzone, molto in voga alla corte sforzesca. Bianca era la figlia illegittima (poi legittimata) del Duca di Milano e di Bernardina de Corradis, promessa all’età di dieci anni a Galeazzo Sanseverino, che la sposò nel 1496.

Il capolavoro di Leonardo è databile intorno al 1495, si tratta di un dipinto a gesso e inchiostro, matita nera, matita rossa e biacca su pergamena: un’opera particolarmente fragile e delicate, esposta al pubblico in poche occasioni. Il disegno fu misteriosamente asportato da un codice del ‘400, conosciuto come La Sforziade, che andò dalla corte degli Sforza, a Milano, fino a Varsavia, dove tuttora si trova custodito. In anni recenti lo splendido ritratto femminile ricompare e giunge tra le mani di alcuni collezionisti fino a diventare proprietà del collezionista canadese Peter Silverman.

Dopo varie ed approfondite ricerche e indagini scientifiche, compiute fra il 2009 e il 2011, vengono ufficialmente stabilite autore e provenienza. Lo storico dell’arte inglese, Martin Kemp, professore emerito dell’università di Oxford, e l’ingegnere francese Pascal Cotte, che con un suo speciale apparecchio ha già esaminato La Gioconda e la Dama dell’Ermellino, hanno determinato senza alcun dubbio che il disegno singolo su pergamena della Bella principessa proviene da un codice dal quale è stato staccato ed è un ritratto leonardesco del 1495-96.

Innanzitutto è stato possibile rilevare un’ impronta digitale sul foglio: il disegno infatti è stato realizzato sfumando matita nera, rossa e biacca con le dita, ottenendo un effetto molto pittorico. L’attribuzione di quest’opera a Leonardo – il disegno era già stato studiato e confermato autentico nel 2008 da Nicholas Turner, Carlo Pedretti, Alessandro Vezzosi, Mina Gregori, Cristina Geddo – è corroborata anche dalla mano mancina del tratteggio, dall’identica ampiezza dell’impronta palmare lasciata dal pittore sia sulla Bella Principessa che sulla Dama dell’Ermellino.

Inoltre l’analisi di tre fori tre sul margine sinistro del disegno hanno fatto pensare ad una pagina inserita in un incunabolo e poi staccata. I fori sono emersi durante le analisi spettrografiche eseguite da Pascal Cotte di Lumière Technology, con una speciale”macchina fotografica” multi spettrale dotata di luci speciali da lui messa a punto. È emerso, dopo una serie di confronti, che i tre fori del disegno corrispondono a quelli della pagina staccata dall’incunabolo la Sforziade, un’elegia della famiglia di Giovanni Simonetta, le cui analisi scientifiche sulla carta pergamena coincidono con i risultati di quelle effettuate sul vellum della Bella Principessa. Diversamente dalle altre tre edizioni presenti alla Bibliothèque Nationale de France, alla British Library, agli Uffizi e alla Vaticana (solo frammenti), in questa di Varsavia (giunta a Blois dopo il sacco dei francesi a Milano nel 1499 e donata nel 1518 da Francesco I per le nozze di Bona Sforza e Sigismondo I di Polonia per ingraziarsi quest’ultimo), si trova un frontespizio miniato di Pietro Birago Giannovani datato 1496 che, con diverse allegorie e precisi riferimenti – come il progetto del monumento equestre a Francesco Sforza – inneggia alle fauste nozze di Bianca con Galeazzo, capitano delle armate di Ludovico Il Moro, che perdette la sua amata sei mesi dopo.

 

Info: Comune di Urbino

Immagini e approfondimenti: National Geographic, foto di Gianluca Colla

 

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L’ingegner Pascal Cotte (a sinistra) e lo storico dell’arte Martin Kemp dell’Università di Oxford inseriscono nello spazio vuoto un facsimile del disegno nel codice La Sforziade

 

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