Emanuela Sforza: Io danzo tu vedi

sforza paolo-bortoluzzi

Emanuela Sforza: Io danzo tu vedi

sforza paolo-bortoluzziFotografie in bianco e nero delle grandi étoiles internazionali della danza

Galleria l’Ariete Arte Contemporanea, Bologna
Fino al 28 maggio 2015

 

A cura di Mirta Carroli

 

“Per Emanuela Sforza la fotografia è un atto d’amore, per lei fotografare la danza è cogliere l’essenza, la perfezione formale dell’azione, la comunicazione, è esternare il suo amore per l’arte e per chi la crea. La danza nasce da questo bisogno di dire l’indicibile, di conoscere l’ignoto, di essere in rapporto con l’altro. Con la sua macchina fotografica, quasi un terz’occhio per lei, ha iniziato a frequentare i più importanti teatri immortalando le grandi étoiles internazionali come Paolo Bortoluzzi, Luciana Savignano, Marga Nativo,Carla Fracci, Jorge Donn, Daniel Lommel, Carolyn Carlson, Rudolf Nureyev, Marcia Haydée, Antonio Gades. Protagonista della fotografia di danza, inizia a fotografare dal 1976. Sarà proprio Maurice Béjart, ballerino e coreografo, che riferendosi alla sua copiosa produzione artistica, le dirà questa frase emblematica: Io danzo tu vedi.

Così Mirta Carroli racconta le 25 fotografie della Sforza, tutte rigorosamente in bianco e nero. Un bianco e nero fortemente contrastato, con numerosissimi passaggi di gradazioni e di toni, che modulano le figure ed accentuano la plasticità ed il movimento. Il suo obiettivo privilegia e scruta a fondo la fase di costruzione del balletto per individuare lo spazio creativo dell’artista teso ad ottenere dal gesto e dal movimento il massimo della resa spettacolare. Penetra profondamente in ogni espressione, quasi a “bloccare” la figura nel momento preciso in cui modella il movimento. Si veda ad esempio il gesto plastico e l’intensa espressione di Luciana Savignano nel “Bolero” di Maurice Ravel, con la coreografia di Béjart .
La qualità delle fotografie va anche ricercata nell’uso di diverse macchine fotografiche analogiche e dei relativi obiettivi. Oltre alle lunghe ore trascorse da Emanuela nella camera oscura, vestale di quella fase importantissima dello sviluppo dei negativi edella stampa delle immagini fotografiche nell’acido delle bacinelle, in attesa del formarsi del bianco e nero perfetto. Fondamentale la scelta della carta sensibile ritenuta più idonea: tutta la sua produzione fotografica è stampate su carta baritata.

Info: Emanuela Sforza

 

 

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