Cinema ed identità territoriale. Anna Olivucci

Cinema ed identità territoriale. Anna Olivucci

Occupandomi di cinema e immagine filmica, sin dall’inizio ho ritenuto che il lavoro principale fosse mettere a fuoco l’identità territoriale da cui la “proiezione cinematografica” scaturiva. Come si può infatti promuovere all’esterno un complesso coeso di elementi valoriali (un brand, con parola abusata) se non se ne è, innanzitutto, coscienti e convinti?

Solo seguendo questa direzione si poteva arrivare a proporre un’identità filmica riconoscibile, una sorta di corporate identity “Marche Cinema” che finalmente – e per la prima volta – risultasse incisiva e premiante sul mercato. Un’operazione di location placement – rendere visibili location e opportunità territoriali e posizionarle adeguatamente sul mercato cinematografico – che camminava parallelamente alla possibilità di far conoscere insieme la struttura operativa di Marche Film Commission – poi confluita nell’attuale Fondazione Marche Cinema Multimedia – cui era, ed è, affidato il compito statutario di promuovere immagine e produzione filmica del territorio.

Era infine improrogabile far emergere e sviluppare l’intero sistema di funzioni, sostegni economici e insieme occasione di indotto territoriale, impiego, professionalizzazione e formazione degli operatori locali di settore che Marche Film Commission nel tempo andava attivando. In sostanza, avviare un sistema organico di comunicazione e promozione complessiva: del territorio, del film ambientato e dell’identità territoriale da questo espressa o comunque veicolabile.

Conoscere e ri-conoscere la propria identità territoriale era la strada – ne eravamo e ne siamo convinti – per uscire da quell’ “anonimato” e dalla connotazione di “medietà” che ha spesso accompagnato le Marche sul grande schermo. Terra poco visitata dal cinema, persino geograficamente difficile da collocare, né nord né sud, impastata di dialetti diversi e dalla sonorità talvolta comica, spesso sconfinante e confusa con le regioni vicine o filmicamente più note, le Marche al cinema hanno interpretato il luogo/non-luogo, emblema di tutti i luoghi possibili, location “in prestito” per un altrove magari più esotico, terra di passaggio tra l’interno e la costa, tra la conservazione ed il futuro.

Uno skyline umano, oltreché ambientale, rappresentato dal cinema come pervicacemente rurale (certo non indicativo né rispettoso dell’imprenditività industriale, avanzata ed innovativa, che caratterizza il modello Marche) talvolta malignamente scadente in un umanità buffa, tra il realista e il “pecoreccio”. Come se nel “binomio interpretativo Monaldo/Giacomo”(*1) al cinema vincesse sempre lo stilema del buonsenso conservatore, seppur erudito, paterno e assai poco il genio visionario di Giacomo, capace di scorgere, al di là della limitazione della piccola visione (proprio nell’etimo di idillio) l’infinita tenerezza del cuore e del pensiero.

E se l’obiettivo da raggiungere era mettere a fuoco l’immagine, di più, la “filmogenia” naturalmente espressa dal territorio (*2) il film di un regista geniale e appassionato come Mario Martone, dedicato alla figura di Giacomo Leopardi, figlio tanto illustre quanto fuori luogo al suo contesto, può costituire assai più che la promozione del territorio o una generazione d’indotto.

Cogliere questa straordinaria opportunità ci consentirà di ricostruire il disegno originale di senso e identità di questo territorio. E da lì sviluppare una nuova filmografia marchigiana, diversa da quella che la storia del cinema ha già scritto: più nitida, articolata e non appiattita, ampia e orientata al futuro, coscientemente orgogliosa di sé.

Perché la filmogenia di un territorio – che è “caratteristica potenziale del territorio, da scoprire e definire” – può “cambiare di segno, anche attraverso il tempo, a seconda dell’ottica particolare degli autori che interpretano ed animano il territorio (…) essa misura la rispondenza del territorio alla chiamata dell’autore” (*2) .

Oggi è un autore come Mario Martone – e con lui Carlo Degli Esposti e tutta la fantastica e scrupolosa squadra che accompagna questa avventura – ad inquadrare il nostro territorio. Non è occasione da poco. E le Marche dentro questo point of view sapranno essere quello che davvero sono e che, da altra inquadratura e prospettiva, anche il “giovane favoloso” potrà infine vedere: una terra bellissima e accogliente. Da vedere, abitare, vivere e ricordare. Anche da molto lontano.

(*1) L’idea delle Marche : come nasce il carattere di una regione nella società dell’Italia moderna.

Giorgio Mangani – Il Lavoro editoriale, 1989

(*2) Con questo termine, appositamente coniato, abbiamo voluto definire “l’attitudine di un territorio (..) ad esprimere paesaggi urbani e rurali in grado di ispirare, produrre, attrarre o accogliere narrazione filmica, come testimoniato in parte dalla filmografia effettiva già espressa e prodotta in quel territorio” (Massimo Conti e Anna Olivucci).

Ben consapevoli che a costruire e permeare il paesaggio, e contraddistinguerne così la filmogenia, sono anche “le tracce lasciate dalla storia, recente e passata, e dalla cultura identitaria globalmente espressa dal territorio”.

L’immagine delle Marche nel cinema italiano. Personaggi e luoghi della filmografia marchigiana di Anna Olivucci e Massimo Conti. Ed. I QUADERNI DELLA MEDIATECA – 1999

Anna Olivucci