ARTEVAGANDO – L’ANNUNCIAZIONE DI OSTRA VETERE

ARTEVAGANDO – L’ANNUNCIAZIONE DI OSTRA VETERE

Chiesa Santa Maria della Piazza, Ostra Vetere

SPLENDE IL BAROCCO  CON LA SCAGLIOLA 

Sempre alla ricerca di opere che meritano di essere riscoperte la giornalista Loredana Cinti e lo storico dell’arte Giancarlo Mandolini ci portano nel borgo di Ostra Vetere che sorge in pieno territorio collinare marchigiano fra le valli del Misa e del Nevola. Il centro storico è dominato dalla bella guglia neogotica della chiesa di Santa Maria della Piazza. La chiesa è del XX secolo e, anche se fu l’antica sede di una abbazia benedettina, è frutto del suo secondo rifacimento completo, risalente ai primi del 1900, su progetto del bolognese Giovanni Gualandi. Dalla cupola e dal campanile, che costituiscono un insieme di singolare imponenza, nei giorni di buona visibilità, si gode una vista splendida dall’Adriatico all’Appennino. Nell’armonico interno della chiesa si trova un prezioso paliotto settecentesco policromo in scagliola raffigurante l’Annunciazione della Vergine Maria attribuito a Francesco Paltrinieri. Di cui in molti lo ritengono il capolavoro. Infatti l’arte della scagliola nel barocco marchigiano non fu solo una via povera, malamente definita minore, per comunicare spiritualità, ma una consistente ed estesa produzione che esce dall’artigianato tradizionale locale, per dare spazio culturale notevole alla creatività manuale. Così come pubblicato dallo stesso Mandolini in un suo libro dedicato a questo ambito e così titolato.
“ All’interno dell’ovale– si ascolta nell’intervista, è narrata l’Annunciazione attraverso il disegno, la cromia e la prospettiva mentre nell’ornato troviamo il simbolismo sempre presente nelle composizioni degli scagliolisti.” La profondità e l’armonia del pavimento vengono evidenziati nel riquadro dal bianco e dal nero in una armonica fusione con la superficie che occupa. L’azione e il gesto dell’Annunciazione sono completi, più vissuti che narrati. La Vergine e l’Angelo Gabriele sono inginocchiati. Maria solleva gli occhi dal libro profetico di Isaia che è appoggiato su un elegante sgabello. Anche l’abbraccio dell’Angelo è rassicurante e con le ali protese mentre stringe in mano un enorme giglio. Significativa la dimensione del candido fiore e irradia luce quasi in gara con i raggi luminosi che scendono dal cielo e avvolgono lo Spirito Santo. Il senso del divino che scende sulla terra è forte e sottolinea la sensibilità semplice e schietta di una religiosità largamente diffusa e praticata nelle zone interne e collinari. L’artista rappresenta una realtà che conosce e condivide. E il dominio del nero e del grigio si frantuma in una esaltazione del colore: dal rosso al bianco, dal giallo al verde. Lateralmente, quasi a segnare un confine con la quotidianità, sono collocati quattro mazzi di fiori , tutti fiori compatibili col paesaggio locale: tulipani, gigli, gelsomini, garofani e rose. Uccellini nascosti tra foglie, fiori e frutti, indicano un suono festante. Azzardiamo ancora col ripetere, che la scagliola è stata spesso una forma estetica rappresentativa di luoghi e di sentimenti votati all’armonia.

 

FOTO IN ALTO: DALL’ARCHIVIO PERSONALE DI GIANCARLO MANDOLINI

Ascolta l’audiointervista di Loredana Cinti: